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La produttività del lavoro in Italia non cresce, o cresce molto lentamente. Allo stesso tempo i salari non crescono; alcuni dicono che non sono agganciati alla produttività, ma, poichè non crescono, semplicemente non sono in relazione con alcun fenomeno, o sono in relazione con un insieme di fenomeni che si elidono fra di loro. Ci sono diversi fattori che fanno crescere la produttivià del lavoro; prima di tutto gli investimenti in tecnologia e di conseguenza gli investimenti in formazione e fattori di organizzazione del lavoro e dei modelli di gestione della produzione e dei servizi. Questi fattori messi assieme generano la crescita della produttività del lavoro e soprattutto generano la ricchezza da distribuire (anche attraverso crescita dei salari reali). Dove non ci sono investimenti e innovazione nei modelli organizzativi la formazione resta confinata fra le attività che servono a provare la buona volontà di un assistito dal welfare statale; nei paesi in cui la percezione di sussidi è sottoposta a condizioni (fra le quali svolgere politiche attive) chi non si forma o non si cerca un lavoro non riceve sussidi. Per questo esistono nel mondo diversi regimi del contratto di apprendistato e modalità diverse di organizzazione della formazione: dipendono dal grado di innovazione e dal tasso di crescita del sistema economico.
Il resto dell'articolo presenta i dati su salari e produttività, per cercare di capire cosa è successo, in particolare ai salari, negli ultimi 25 anni.
Verso la fine del 2018 OECD (OCSE) ha pubblicato un aggiornamento sui dati del prodotto interno lordo e sulla produttività del lavoro nei paesi membri e nelle principali economie mondiali. I dati fanno riferimento al 2017 e sono una rielaborazione dei principali indicatori di contabilità nazionale, armonizzati in modo da renderli comparabili nel tempo e fra economie che sono molto diverse fra di loro.
La figura 1 illustra l'andamento dei salari nei 25 anni fra il 1992 e il 2017, in parità di potere d'acquisto, in dollari USA e a prezzi costanti. Si tratta di misure comparabili e che tengono conto dei diversi livelli di inflazione, ma dato che sono medie non tengono conto di eventuali variazioni nella distribuzione dei redditi fra i lavoratori all'interno di ogni paese. Il grafico mostra il salario medio annuo minimo nei 25 anni presi in considerazione, il massimo e l'ultimo valore disponibile.
# andamento salari nel tempo #### ggplot(prod_sal, aes(x=obsTime, y=salario_medio)) + facet_grid(COUNTRY ~ ., scales = "free_y") + geom_ribbon(data = quarts, aes(ymin = quart1, max = quart2), fill = 'grey90') + geom_line(size=0.3) + geom_point(data = mins, col = 'red') + geom_point(data = maxs, col = 'blue') + geom_text(data = mins, aes(label = salario_medio), vjust = -1) + geom_text(data = maxs, aes(label = salario_medio), vjust = 2.5) + geom_text(data = ends, aes(label = salario_medio), hjust = 0, nudge_x = 1) + geom_text(data = ends, aes(label = COUNTRY), hjust = 0, nudge_x = 5) + expand_limits(x = max(prod_sal$obsTime) + (0.25 * (max(prod_sal$obsTime) - min(prod_sal$obsTime)))) + scale_x_continuous(breaks = seq(1992, 2017, 5)) + scale_y_continuous(expand = c(0.1, 0)) + theme_tufte( # base_size = 12, base_family = "Helvetica") + theme(axis.title=element_blank(), axis.text.y = element_blank(), axis.ticks = element_blank(), strip.text = element_blank()) + labs(title = "Fig.1 - Salario medio annuo", subtitle = "PPPs 2017, migliaia di dollari, a prezzi costanti", caption = "elaborazione su dati OECD")
I salari italiani sono in discesa dal 2010, quelli britannici da alcuni anni prima e quelli giapponei dal 2011, anche se sono in recupero. Negli USA il calo riguarda gli ultimi due anni, mentre Francia e Germania hanno vissuto 25 anni di crescita ininterrotta. I salari italiani sono i più bassi del gruppo.
Un indicatore grezzo della produttività spesso utilizzato è il PIL prodotto da un'ora di lavoro. Ancher nella figura 2 sono riportati i valori in parità di potere d'acquisto espressi in dollari l'ora, per rendere comparabili i risultati di diverse economie.
# plot ora lavorata ##### ggplot(ora_lavorata, aes(x = obsTime, y = pil_ora, group = LOCATION, color = LOCATION)) + geom_point(size = 0.5, show.legend = FALSE) + geom_smooth(se = F, show.legend = FALSE) + theme_minimal() + scale_y_continuous("Pil per ora lavorata") + scale_x_continuous("anno") + labs(title = "Fig. 2 - PIL per ora lavorata", subtitle = "intera economia, PPPs 2010, in dollari, a prezzi costanti", caption = "elaborazione su dati OECD") + scale_color_brewer(palette = "Dark2", name=" ") + facet_wrap(~ LOCATION, nrow = 2, ncol = 3)
Per l'economia italiana la curva smette di crescere nel 2000 circa. Per tutti gli altri paesi un cambia di ritmo nel tasso di crescita comincia a manifestarsi nel 2005; in nessun caso il tasso di crescita della produttività è influenzato dalla crisi economica che è cominciata nel 2008, o dall'introduzione dell'euro che non c'è naturalmente stata per Giappone, Gran Bretagna e Stati Uniti. Guardando i tassi di crescita del PIL di Cina e India per gli anni 2000-2005 (fra il 7 e l'8% per entrambe le economie) viene più da pensare ad un problema di concorrenza internazionale.
Si, esiste ed è illustrata dalla figura 3. In questa figura si mette in relazione l'andamento della produttività (misurata come PIL per ora di lavoro sull'asse orizzontale) e l'andamento del salario medio annuo (sull'asse verticale). Per ogni curva è anche indicato l'anno in cui il salario medio è stato più alto.
# plot produttività - salari #### ggplot(prod_sal, aes(x = pil_ora, y = salario_medio, group = COUNTRY, color = COUNTRY)) + geom_point(size = 0.9, show.legend = T) + geom_smooth(se = F, show.legend = FALSE, method = "lm") + geom_point(data = maxs, col = 'black', size = 2) + geom_text(data = maxs, aes(label = obsTime), vjust = -0.39, show.legend = FALSE) + theme_minimal() + scale_y_continuous("Salario medio annuo (000 dollari, PPPs 2017)") + scale_x_continuous("Pil per ora lavorata (000 dollari, PPPs 2010)") + labs(title = "Fig. 3 - Pil per ora lavorata e salario medio annuo", subtitle = "intera economia, in dollari, a prezzi costanti", caption = "elaborazione su dati OECD") + scale_color_brewer(palette = "Dark2", name=" ")
La relazione fra crescita della produttività è chiara per quasi tutti paesi: le due curve più piatte sono quelle di Italia (la più bassa) e Giappone.
Cosa hanno in comune Giappone e Italia? Almeno due cose: un alto debito pubblico in rapporto al PIL e una popolazione che invecchia rapidamente.Visto che le politiche italiane sono note mi limito a una breve sintesi delle politiche del governo giapponese: i principali documenti del governo Abe individuano cinque punti chiave nell’azione del Governo: human resources development revolution, productivity revolution, work style reform, deregulation, regional revitalization. Vale a dire investimenti in capitale umano, deregolazione e animazione territoriale. Allo stesso tempo il governo giapponese punta al consolidamento fiscale al fine di rendere sostenibili gli oneri crescenti che il Paese deve sostenere a causa del declino demografico e dell’invecchiamento della popolazione.
I dati e le elaborazioni utilizzate per questo articolo, assieme ad una versione più estesa, sono disponibili qui: https://github.com/gmontaletti/oecdproddata.
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